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Testi degli interventi - il futuro

La camminata meditativa del 18 GIUGNO 2018 si è svolta dal Convento di Santa Maria del Cengio all'Eremo e ha avuto come tema conduttore: "Davanti al futuro le tue emozioni e le tue scelte".
Dopo l'incontro di maggio del Festival Biblico sul tema del futuro e sul valore sempre attuale degli insegnamenti di Maria del Campello, ci siamo soffermati a riflettere in particolar modo sul significato che ha per ognuno di noi il futuro, sulle emozioni che ci suscita e sulle scelte che siamo in grado di compiere rispetto ad esso.


Un saluto di benvenuto di fra Renzo ci accoglie e tutti in cerchio nel chiostro, pronunciamo i nostri nomi (25 persone).

Ecco le nostre testimonianze:

fra Renzo ci introduce alla meditazione, leggendo La notte in cui nasce Dio di padre Vannucci.

Nel  silenzio della notte
La nascita del Verbo di Dio non poteva avvenire se non nel  profondo silenzio della notte, mentre tutto tace, tutto è avvolto dall'oscurità. Anche in noi il Verbo divino discende quando  riusciamo a fare un silenzio totale in noi, a spengere tutte le luci che vengono dalla terra. Dobbiamo spegnere tutto: le luci che sono  nella nostre mente, le voci che nascono nella nostra zona emotiva e le voci che tengono svegli e all'erta i nostri sensi esterni.
Se vogliamo che il Verbo di Dio nasca in noi dobbiamo saper scendere in questo silenzio profondo,  in questa oscurità totale. Il nostro essere naturale ci spinge all'agitazione e rumore, all’accrescimento di pensieri, alla moltiplicazione di stati emotivi, e crediamo di essere vivi mentre siamo in una condizione di pura apparenza. Molte volte la ricerca di eccessive attività, anche in nome di Dio, è l'indizio di un disordine interiore. Quando la gente vi chiede: cosa fate, nella solitudine? Vi fa questa domanda perché è abituata a evadere nell'azione. Quando lo chiedono a me: alle Stinche, lei cosa fa, qui isolato? Rispondo: non fo niente. Cerco di vivere in spazi di silenzio, di equilibrio, di grande pace emotiva, di solitudine totale, spazi che mi debbono avvolgere e permettere alla mia anima di pensare i pensieri di Dio, al mio sentimento di muoversi secondo il sentire di Dio, ai miei sensi di ascoltare le voci che sono al di là della sensibilità, al di là di tutti i rumori possibili umani. Il silenzio è quell'atmosfera che ci rende umani e donne vere, perché in noi  nasce la Parola di Dio.



CANTO DI OSCAR e DEBORA:
Sono sempre i sogni a dare forma al mondo di Luciano Ligabue
Io non lo so quanto tempo abbiamo quanto ne rimane io non lo so chi c'è dall'altra parte non lo so per certo se ogni nuvola è diversa so che nessuna è come te  io non lo so se è così sottile il filo che ci tiene io non lo so che cosa manca ancora io non lo so se sono dentro o fuori se mi metto in pari so che ogni lacrima è diversa so che nessuna è come te  sono sempre i sogni a dare forma al mondo sono sempre i sogni a fare la realtà sono sempre i sogni a dare forma al mondo e sogna chi ti dice che non è così e sogna chi non crede che sia tutto qui  io non lo so se è già tutto scritto come è stato scritto io non lo so che cosa viene dopo io non lo so se ti tieni stretto ogni tuo diritto so che ogni attimo è diverso so che nessuno è come te  e a giornata finita a stanchezza salita a salute brindata provi a fare i conti  a giornata finita alla fine capita a preghiera pensata tu ti prendi il tempo  sono sempre i sogni a dare forma al mondo sono sempre i sogni a fare la realtà sono sempre i sogni a dare forma al mondo e sogna chi ti dice che non è così e sogna chi non crede che sia tutto qui.

Debora racconta che anche lei, senza saperlo, aveva pensato di cantare questa canzone. Non era però riuscita a stampare il testo nonostante ci avesse provato in tutti i modi (cartuccia stampante esaurita, cartoleria chiusa, ect). Si era rassegnata, ma il futuro a volte riserva piacevoli fatalità: parlando con Oscar poco prima di cominciare capisce che avevano pensato alla stessa canzone (tra l'altro suggerita il giorno prima da un terzo partecipante) ed ecco composto il duetto musicale!!


INTERVENTO DI NADIA
La mia riflessione sul futuro questa sera parte dal presente e il primo pensiero che ho avuto rispetto a questo tema è stato: PRESENTE SEME DEL MIO FUTURO.
Nel seme di questo mio presente vi è tutto il mistero del mio futuro e questo seme oggi non mi rivela ancora nulla di quello che manifesterà.
Il futuro del mio seme prevede che nel mio presente ci siano acqua luce, calore, terra, nutrimento.
Ma quale nutrimento riesco a portare nella mia vita oggi?
E quali scelte riesco a fare perché ci siano anche luce, acqua calore, tutto ciò che serve perché il mio seme possa rompere il bozzolo che lo protegge e germogliare fino a diventare frutto?
O mi è più semplice lasciare tutto fermo e che con il tempo questo seme si svuoti, si secchi e torni al nulla?
Domande che non cercano una risposta immediata, ma che chiedono attenzione per il mio presente...

Per una parte della mia vita ho agito pensando che tutto quello che non riuscivo a fare in quel determinato momento avrei potuto aggiustare il tiro più avanti e questo mio modo di pensare mi portava a tralasciare delle possibilità, in particolar modo per quel che riguardava il mio primo figlio credevo che eventuali  mie mancanze, di tempo, di scelte, di attenzioni,  le avrei potute recuperare con l'arrivo del secondo figlio; in una volta sola mi sarei impegnata per entrambi.
Ma quando di punto in bianco tutto questo mi è stato tolto e così anche tutte le mie aspettative di poter raddrizzare o colmare le cose che non avevo fatto, il risveglio è stato brusco e  la grande lezione di vita è stata quella di non procrastinare più al domani, ma di impegnarmi il più possibile per vivere adesso, senza rimandare.
Non sempre ci riesco, ma la lezione è ancora ben chiara e la mia scelta è quella di farlo e ricordarmelo il più possibile..

Tutto quello che faccio oggi, adesso, in questo preciso istante è vita è nutrimento del mio seme,  e ogni mia scelta, o non scelta,  traccia e cambia la strada per il mio futuro...

Concludo con questa poesia come seme di speranza per il futuro.................

LENTAMENTE (Don Luigi Verdi)

TU DIO, IN SILENZIO
CAMMINI ACCANTO A ME
E MI INSEGNI AD ASCOLTARE,
A GUARDARE, AD ATTENDERE, A CAPIRE.

MI CHIEDI IL CORAGGIO DI APRIRE GLI OCCHI
E GUARDARMI INTORNO E VEDERE CHE
LENTAMENTE SOLLEVA IL MARE LE SUE ONDE,
LENTAMENTE ARROSSA IL BOSCO NELLA GOLA,
LENTAMENTE LA VERITA' SI SVELA.

CHE QUALCOSA DI NUOVO AVVENGA,
CHE IL TEMPO SI APRA
CHE IL CUORE SI APRA
CHE LE PORTE SI APRANO
CHE LA ROCCIA SI APRA
LIBERANDO LA SORGENTE




INTERVENTO DI ELISABETTA
Per rispondere alla prima parte del titolo mi verrebbe da dire che la prima emozione è di paura: anche solo sentendo la parola futuro un po mi si chiude la pancia e se ne va la profondità del respiro.
Ma poi c'è  la curiosità che si affaccia come una bambina che spia tra i tendaggi di una finestra i suoi compagni da cui non vuole essere vista  e allora l'idea del futuro diventa come uno splendido mare di infinite possibilità. Ma per uscire da dietro la tenda e correre fuori tra i compagni ci vuole anche il coraggio. Mi viene allora in mente un'immagine straordinaria, un'immagine letteraria, quella di Bradamante, l'eroina di Calvino nel Cavaliere inesistente che proprio alla fine del romanzo dice:
Dal raccontare al passato, e dal presente che mi prendeva la mano nei tratti concitati, ecco, o futuro, sono salita in sella al tuo cavallo. Quali nuovi stendardi mi levi incontro dai pennoni delle torri di città non ancora fondate? quali fumi di devastazioni dai castelli e dai giardini che amavo? quali impreviste età dell'oro prepari, tu malpadroneggiato, tu foriero di tesori pagati a caro prezzo, tu mio regno da conquistare, futuro..
Bradamante corre verso il futuro, ma come ci riesce? Il tratto essenziale mi pare l'entusiasmo che non si spaventa sia che il futuro porti fumi di devastazioni date dal crollo di ciò che è vecchio e non serve più, sia che porti impreviste età dell'oro.
Da dove le viene questo entusiasmo? Mi pare si possa affermare che le viene da due elementi: l'assimilazione, la digestione del passato e un nuovo amore.
Lei aveva un amore intenso e profondo, unico e totalizzante per l'unico paladino perfetto: Agilulfo, il cavaliere inesistente, ma quando sparisce, deve fare i conti con se stessa, si ritira in convento e scrive  scrive per trovare nel caotico passato, fatto di tessere senza senso il disegno vero, complessivo, quello che chiarisce il senso e attraverso la scrittura ci riesce.
Allora può correre verso il nuovo amore, verso il futuro.
Quindi mi sembra che con Bradamante io possa, insieme a tutti quelli che di fronte al futuro sentono paura, provare a guardare il passato con le sue ferite, digerirle, perdonarle, trovarne il senso e leggeri, senza some andare con entusiasmo verso le infinite possibilità che ci aspettano, con entusiasmo, cioè con Dio, visto che l'etimologia di questo termine è proprio en zeos in Dio ispirato da Dio.


CANTO DI OSCAR:  LA CURA di Franco Battiato
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.  Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,  dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.  Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.  Supererò le correnti gravitazionali,  lo spazio e la luce per non farti invecchiare.  E guarirai da tutte le malattie,  perché sei un essere speciale,  ed io, avrò cura di te.  Vagavo per i campi del Tennessee  (come vi ero arrivato, chissà).  Non hai fiori bianchi per me?  Più veloci di aquile i miei sogni  attraversano il mare.  Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.  Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.  I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,  la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.  Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto. Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.  Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. Ti salverò da ogni malinconia,  perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...  io sì, che avrò cura di te.


INTERVENTO DI MIRKO
In questa camminata prima si è  detto giustamente:  "si può liberare la sorgente... Ci sono un mare di infinite possibilità..."
Ma come sentire la "freschezza più cara" (Hopkins) , quella per cui ci immerge nelle  acque vive (talvolta o troppo fredde o troppo calde) dell'esistenza?
Si può partire  dai doni  ricevuti, nella certezza dei doni ricevuti,  continui, come elemento di base per un discernimento.
"La misura di ogni felicità è la riconoscenza" (da G.K. Chesterton).
Dal nostro atteggiamento di gratitudine si può entrare nel flusso della vita, nel flusso divino come suggerisce un mistico gesuita (Lassalle) e una poetessa ("pregare è essere il letto di un fiume"). Per " abitare nelle possibilità" con Emily Dickinson.
Ma ci sono ostacoli,  problemi, i conti con il passato: la rabbia si scatena. Dietro ci sono ferite e legami.
Sulle ferite si può lavorare cercando di risalire alle cause. Nella consapevolezza che non si era soli e le cicatrici sono una grande possibilità: "Ci sono delle zone del  cuore che non esistono dove il dolore entra perchè esistano"( L.Bloy).
Sui legami che bloccano c'è la cura che implica anche un taglio ma nel tempo e nei modi giusti,  fatto con lo spirito di chi vuole il bene della persona, anche di quella che blocca. C'è il perdono cristiano che è un atto non del carnefice ma della vittima (Marcolini Ronchi). Si può lasciarsi attraversare da questa energia viva che ci ha trasmesso (cfr. 1Pietro 4,10-11). Poi restano anche "Cicatrici e naufragio...due parole che prima o poi sintetizzano sempre un'esistenza"(Jean Guitton nel suo colloquio con  Mitterand).  Alle volte si profila anche una croce per chi vuole essere operatore di pace. Ma ci può essere  la consapevolezza che anche nel dolore, proprio nel dolore, il dolore è più forte del male (Luigi Pareyson). E in  questo   ruolo impossibile di operatore di pace  non si può trovare solo la comunione con massima forza motrice di Chi  nell'amore ha attraversato la violenza. C'è anche una possibile beatitudine per chi sarà chiamato figlio di Dio (Mt.  5, 9).
Così rientrando nel proprio cuore si trova una porta stretta che apre confini illimitati. Fa paura il futuro ma a partire dal proprio cuore si può ricostruire la parte più intima di noi stessi, dove Dio parla: l'essenziale, l'originale possibilità  Da lì si può decidere cosa fare del tempo che ci rimane ( cfr Signore degli anelli). "Diventa quello per cui sei nato". Il compito per cui siamo nati... Potrebbe aiutare anche una nuova concezione di Dio come GPS dell' anima: segnala la direzione giusta anche dopo gli errori (secondo la  originale proposta di un giovane cantautore locale, Lorenzo Belluscio). Si apre una grande libertà, ma se possiamo toglierci i sensi di colpa restano comunque per orientarsi le aspirazioni più profonde del cuore, non quelle dell' ego per battere i rivali ma quelle per lasciare che sia divina e libera  la guida della nostra vita. Restano anche  i nostri limiti personali ma anche salutari  sensi vietati. Sono  divieti che hanno un  senso. Il divieto vuole proteggere una persona che magari non riusciamo a vedere, Dio non vuole il male ma il bene, cioè la cura. Dio si identifica con la vittima che il divieto vuole aiutare e quindi evitare (es. non uccidere, non solo materialmente) . Accettiamo quindi anche i nostri limiti e valorizziamoli. Cercando la Luce più grande. Chiedendo anche aiuto per tenere fermo il timone. Lascio per questo  a Jean Guitton l'ultima parola. Ecco la fine di una sua preghiera:
"Dammi abbastanza luce perché io non sia un ostacolo.
E fa che io sia ciò che spero, perché il mio avvenire dimora sempre in te.
Sui tuoi sentieri, Signore, guidaci là dove siamo rivolti" (J.Guitton)


INTERVENTO DI FRANCESCA
La parola futuro evoca qualcosa che ancora non è manifesto, presente, qualcosa che esiste solo per noi, come attesa, aspettativa, speranza. Proprio la speranza è un termine significativo, perché essa non rappresenta solo uno spirito ottimista, ma è una virtù teologale, una qualità che, se realizzata, ci permette di andare oltre l'umano.  Nelle varie iconografie, la speranza viene raffigurata come una donna tesa in obliquo, con le braccia e lo sguardo verso l'alto; essa pertanto esprime una tensione verso ciò che manca, l'ammissione di un bisogno, di un vuoto del presente che si attende di riempire in un momento successivo. In quella tensione c'è il desiderare, aspirare a qualcosa che non si riesce a conseguire nel presente da soli. Anche il vuoto è un concetto significativo della nostra vita, molti cammini spirituali ci insegnano a farne tesoro e, per es., il taoismo ne parla come ciò da cui dipende l'utilità di qualcosa. Se prendiamo una tazza, la sua utilità dipende unicamente da ciò che in essa non c'è, dal suo spazio vuoto, utile per essere riempito.
Mantenere vuoto uno spazio è indispensabile perché il bisogno possa essere esaudito. Forse la tentazione a cui non cedere è provare a riempire da soli quello spazio nella fretta di colmare da soli la mancanza, togliendo così alla vita il vuoto necessario da riempire.
Il futuro allora insegna l'attesa, contrario della fretta, come l'arte o la capacità di mantenere vivo il desiderio di ciò che manca senza cercare di riempirlo da sé e confidando nella Vita, nella sua capacità di ascoltare, accogliere e esaudire i nostri bisogni più profondi.

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