Abbiamo
cercato di raccontare questa donna straordinaria e riflettere insieme sulla sua
esperienza. All'inizio del Novecento Sorella Maria ha coniugato la dimensione
eremitica e quella comunitaria nell'Eremo del Campello, che ancora vive nel suo
spirito. Ha dilatato i confini del suo mondo, intrattenendo rapporti epistolari
e di amicizia con grandi personaggi come Albert Schweitzer, Gandhi, Buonaiuti,
Mazzolari e Vannucci. I suoi valori si sono realizzati nella concretezza della
vita quotidiana dell'Eremo dove ancora oggi convivono e pregano in comune donne
di diverse confessioni cristiane.
Dopo un saluto
di benvenuto di fra’ Renzo, tutti in cerchio nel chiostro, guidati nella
meditazione da Nicoletta, abbiamo ricordato persone per noi care e importanti,
pronunciando a voce alta i loro nomi, proprio come sono solite fare le sorelle all’Eremo
del Campello.
Ci siamo
incamminati in silenzio lungo il sentiero che giunge all’eremo (80 persone).
Ecco le nostre
testimonianze:
CANTO di ELISA: Sancta Maria Existence
Si tratta di
un mantra dedicato a Maria, accompagnato da chitarra e tamburo.
INTERVENTO DI NADIA
O voce del silenzio
v'è chi ti coglie e tace
per giungere alla pace
e a vera libertà
Silenzio, pane e pace
son doni del Signore;
ci sosterranno il cuore fino all'eternità
Questi i versi
scritti da Maria del Campello....
Per lei il
silenzio era la prima forma di religiosità, uno dei punti fondamentali della
vita dell'Eremo del Campello, (un luogo abitato oggi da quattro donne eremite,
sorelle Le allodole di San Francesco,
che sull'esempio di sorella Maria vivono le loro giornate intercalando lavoro,
preghiera, silenzio).
Silenzio:
rispettato tutti i giorni da un'ora prima del tramonto alle 9 della mattina
successiva....
“Dall'ora del silenzio che precede il tramonto
dipende la preghiera comune, dipende l'agape, dipende la veglia che pur deve
avere la sua nota sacra. Dipende il riposo della notte, in cui possiamo
ricevere benedizione e lezione attraverso il sonno. Dipende il nostro
risveglio. Dipende il primo saluto a Maria, e il saluto alla croce, dipende la
particella di Pane celeste che dovremo mendicare vicino all'Altare, dipende il
compito quotidiano e il nostro servizio d'amore alla vita e verso ogni essere
vivente”.
“Occorre che in tutte entri il concetto che il
silenzio è uno dei doveri che abbiamo
accettato: impegno assolutamente grave da cui dipende la nostra giornata, la
nostra vita religiosa, la formazione del nostro carattere, il fuoco sacro che dobbiamo
custodire. Senza silenzio l'Eremo non potrebbe sussistere, né dare pace vicino
e lontano.
Silenzio: il
punto di partenza di ogni nostra azione, pensiero, parola, fondamento del
nostro essere...
Ma cos'è
veramente il silenzio?
La definizione
classica di silenzio è: “assenza di parole, di suoni , di rumori”... ma è solo
questo?
Quanto rumore
fanno anche i miei pensieri e il chiacchiericcio della mia mente? Tutte le
discussioni interne, le tante parole che vorrei dire, le domande e risposte che
faccio nella
mia testa?
Posso anche non dire nessuna parola fuori...ma dentro c'è un mondo che parla
E le mie
emozioni? Quanto rumore fa il mio cuore quando batte agitato, e il battito pulsa nelle orecchie, ma fuori
nessuno sente...
“Da dove cominciare per correggere noi
stessi?...Dal silenzio, mi risponde la voce interiore più profonda. “Vi è un
silenzio che dobbiamo a ogni costo creare in noi: silenzio d'ogni pensiero di
amarezza verso altrui e verso noi stessi. L'amarezza è un veleno. Poco alla
volta ci intossica, ci toglie vita, ci raggomitola e c'immiserisce”.
Il silenzio è
sedimentare il mondo interiore, le
emozioni verso gli altri e anche quelle verso me stesso, è la strada che mi
porta dal troppo pieno a quel punto dove c'è il vuoto che mi permette di
sentire la voce della mia anima.
Il silenzio è
dentro di noi, ma è difficile farlo emergere, dargli il posto, lo spazio,
l'attenzione che merita. Il silenzio è volontà, è far sì che le occasioni
esteriori non siano un impedimento, è il coraggio di metterlo in pratica.
Silenzio...
Per sorella
Maria il Silenzio è il guardiano
dell'animo
IL SILENZIO E' GUARITORE
Il silenzio
ci consente di ripartire da zero,
offrendoci all'azione divina che ci ricrea
“Il silenzio è un nostro grande mezzo di
custodire il fuoco sacro, forza vivificante che prepara la parola, la
preghiera. Più saremo silenziose e solitarie, più il pane di vita ci nutrirà e
ciò crescerà la fame di lui.”
Silenzio, sono
qui, ora, ferma, cuore mente e spirito fissi in un unico punto, in un unico
centro, son tutta qua, passato presente e futuro...
INTERVENTO DI ANNA RITA
Sorella Maria
era solita, assieme alle sue sorelle, ritirarsi la sera nella “consuetudine
disciplinata” del Lucernarium: un
momento sacro, dove si leggeva un pensiero per farne dono a tutte, dove c’erano
un pensiero ed una preghiera per tutte le anime, soprattutto quelle sofferenti,
quelle care e quelle lontane e venivano nominate per nome una per una. Dalle sue
parole:
“Il Lucernarium: vi è qualcosa di più bello, di
più sacro, di essere insieme? Anche solo per un attimo di grazia dovremo
ringraziare in eterno. E’ grande cosa essere insieme tenendo presenti gli
assenti e avendo memoria di Lui. Se anche vi è qualche pena, qualche
turbamento, si sente il compatimento delle une verso le altre; e ciò che vi è
di più forte, di più cristiano nel nostro stare insieme, è che abbiamo continuo
pensiero degli assenti, di chi soffre sulla terra e oltre la terra”.
E si
accendevano delle candele, delle luci per ricordare che noi tutti siamo una
piccola fiammella della grande luce, fatti della stessa essenza. Così mi piace
pensare a questa camminata come ad un Lucernarium
all’aperto e in movimento, dove le stelle sono le nostre luci, dove le nostre
condivisioni, i nostri canti, sono un dono l’uno per l’altro, ma anche uno
sguardo, una stretta di mano, un abbraccio, dove ognuno di noi può essere
fiamma che accende l’altro e stoppino che si lascia accendere, un grande dono
l’uno per l’altro.
La preghiera,
diceva, ci invita a svegliare i nostri cuori: non ci si può accostare alla
preghiera se c’è chiusura nel cuore, se c’è qualche rancore.
Che questa
camminata sia un momento in cui nei nostri cuori ci sia quel silenzio sacro che
si fa preghiera, dove si può creare quello spazio in cui l’altro che incontro
possa abitare, affinché la nostra sia una preghiera che si fa vita e vita che
si fa preghiera.
CANTO DI OSCAR: Il Cantico delle Creature (Angelo Branduardi)
A Te solo Buon Signore
si confanno gloria e onore
a Te ogni laude et benedizione
a Te solo si confanno
che l’altissimo Tu sei
e null’omo degno è
Te mentovare.
Si laudato Mio Signore
con le Tue creature
specialmente Frate Sole
e la sua luce.
Tu ci illumini di lui
che è bellezza e splendore
di Te Altissimo Signore
porta il segno.
Si laudato Mio Signore
per sorelle Luna e Stelle
che Tu in cielo le hai formate
chiare e belle.
Si laudato per Frate Vento
Aria, nuvole e maltempo
che alle Tue creature
dan sostentamento.
Si laudato Mio Signore
per sorella nostra Acqua
ella è casta, molto utile
e preziosa.
Si laudato per Frate Foco
che ci illumina la notte
ed è bello, giocondo
e robusto e forte.
Si laudato Mio Signore
per la nostra Madre Terra
ella è che ci sostenta
e ci governa
si laudato Mio Signore
vari frutti lei produce
molti fiori coloriti
e verde l’erba.
Si laudato per coloro
che perdonano per il Tuo amore
sopportando infermità
e tribolazione
e beati sian coloro
che cammineranno in pace
che da te Buon Signore
avran corona.
Si laudato Mio Signore
per la Morte corporale
chè da lei nessun che vive
può scappare
e beati saran quelli
nella Tua volontà
che Sorella Morte
non gli farà male.
INTERVENTO DI ELISABETTA
La
spiritualità di sorella Maria ruota, oltre che attorno al silenzio e al sacrum facere, anche attorno all’agape. Il termine agape è dal greco e già nel mondo classico indica un amore che è
fatto di benevolenza, affetto, cura, diverso dall’eros, dalla passione. Il
verbo agapao è il termine che tutti e
quattro gli evangelisti utilizzano per esprimere il comandamento dell’amore
verso Dio e verso chi cammina con noi la terra.
Ma come la
Minore declina l’agape? “E’ il
termine greco che indica l’amore oblativo, di pura benevolenza; l’amore che si
fa dono, perdono, abbandono. Poniamoci sotto il diretto irraggiamento
dell’amore, per radicarci nella carità e bruciare nella carità tutto quanto
fosse di segno contrario.”
Guardando
queste parole, mi avvolge come un’onda il ritorno della parola “dono”: “dono
perdono, abbandono” e, come spesso fanno le onde del mare, mi interrogano sul
senso della mia capacità di relazione.
Quanto riesco ad
aprire le porte le porte del mio cuore? So accogliere? So nutrire, avere cura?
Se l’amore è perdono sono capace intraprendere la via del perdono che
è vedere le mie ferite, quelle degli altri, con occhi aperti, limpidi, nella
verità, senza maschere, e accogliere queste ferite per trasformarle?
Cosa vuol dire che l’agape è
abbandono? L’amore mi sembra andare nella direzione opposta rispetto
all’abbandono. In realtà, pensandoci bene, mi rendo conto che abbandono è il
termine che si riferisce al controllo e dunque mi chiedo se so lasciare andare.
So permettere all’altro di essere se stesso? So creare spazio in me perché
l’altro sia quel che è e non quel che io voglio che sia?
La risposta a tutte le domande è no, ma la Minore dice c’è la strada,
quando da soli non ce la facciamo: porci sotto l’irraggiamento di Dio!
Ci sono due lettere che mostrano nel concreto cosa vuol dire agape per Sorella Maria e ci mostrano la
strada. La prima è a Giovanni Vannucci, la seconda a Ganhi.
Ci mostrano la tenerezza, lo spazio dentro lei per questi amici.
“La cella dove abiti è ben esposta? Dalla
finestra hai vista riposante? Ricerchi le stelle, al mattino appena pronto e la
sera? Riceviamo tanto, tanto dall’angolo raccolto ove viviamo qualche breve ora
del giorno fuggevole, e le sacre ore della notte, più comunicanti con
l’infinito!”
“Caro Bapu, io sono la tua piccola amica fedele
Maria, allodola di San Francesco, che abito nel vecchio Eremo sul monte. Ti scrivo con la speranza che questo mio
messaggio ti giunga per il tuo compleanno, il 2 ottobre. Che il tuo nuovo anno
di vita sia benedetto, e ti porti innanzi nel cammino verso la Verità eterna.
Che tu possa durante il tuo cammino illuminare e sorreggere altri viandanti, e
ricevere del loro pane. Ieri venerdì, pensando a te, e all’India cara, e
cantando con le sorelle “O cara luce”, interrogavo l’anima mia: sono io fedele
all’amicizia per Bapu? Non gli scrivo, non faccio nulla per lui. E l’anima mia
rispondeva: si, sei fedele perché tu vivi, soffri, lavori, gioisci, ami, per la
purezza o per la purificazione, per la non violenza e per la dolcezza matura,
per la ricerca umile e appassionata della verità. Così, mio grande Amico, io ti
offro il mio fedele mazzetto d’amore, di venerazione e di riconoscenza. Ti ameremo sempre e sempre riceveremo bene
dalla tua lucerna accesa e sono Maria e pace”.
INTERVENTO DI FRANCESCA
Sorella Maria
entra nelle Francescane missionarie nel 1901.
A Roma,
durante la prima guerra mondiale, diviene superiora delle suore infermiere e
responsabile dell’assistenza spirituale dei militari in cura all’ospedale
militare angloamericano, dove è ricordata per essere sempre disponibile, mai
tesa.
A luglio del
1919 esce dalla congregazione, per aver ricevuto una chiamata a creare un luogo
di pace aperto a tutti, dove poter servire ed essere l’ultima, la Minore.
Nasce così
l’Eremo di Campello che fonde in sé le due anime della spiritualità monastica
occidentale, quella benedettina e quella francescana. Esse risultavano, prima
della fusione operata da sorella Maria, in alternativa: la prima con l’ora et labora tendeva verso un personale
lavoro “fuori”, per lavorare “dentro”, nell’interiorità, in una dimensione
solitaria, monastica, scandita dalla Regola; la seconda era volta al servizio
degli altri, cercando nella relazione e nella vita comunitaria la possibilità
di rispecchiarsi e conoscere se stessi, in una ricerca della gioia di vivere,
che prescindeva dalle regole.
Sorella Maria
fonde dunque questi aspetti, individuando una possibilità di superamento delle regole,
nella presenza di quelle che lei chiama le consuetudini
disciplinate.
Tra le varie
consuetudini una fondamentale è il sacrum
facere. Questi termini latini danno come risultante in italiano la parola sacrificio che spesso noi colleghiamo ad
una privazione che accettiamo per gli altri.
Ma, se il
sacro è onorare la vita, darle dignità, come può essere che uno tolga qualcosa
alla propria vita? Dunque forse il senso di sacrificio
va rivisto proprio nella direzione che ci indica sorella Maria: sacrum facere. Fare il sacro vuol dire essere uno; riusciamo a fare il sacro quando siamo interamente
dove siamo: uniti in corpo, mente e cuore, anche nei piccoli gesti: “dall'impastare
il pane al ricamare al tombolo, dal godere il saluto di «una foglia d'autunno»
a quello di «una stella», non solo quindi il meditare la Bibbia, il memorizzare
i salmi, l'ascoltare il silenzio”.
Vivere la
sacralità è dunque sforzarsi di essere uno in ogni azione: “ciò comporta spesso
sacrificio, nel senso che chiede purezza di intenzioni, distacco dal proprio
egocentrismo, accettazione delle diversità e delle avversità, umiltà”.
Allenandosi in
questo, si crea uno spazio nell’interiorità dove gli altri possano trovare
riposo e dove Dio può abitare.
INTERVENTO DI DAVIDE
Oltre al silenzio
di cui ci ha parlato prima Nadia, per sorella Maria è essenziale il tema della parola.
Lei scrive:
“Via, via, via le parole inutili, senza sale,
senza grazia, senza tono minore, senza rispetto. Via, via, via quella
deplorevole abitudine di adoperare venti parole quando due sono sufficienti. Via,
via, via tutto ciò che è vecchio, insulso, indegno della santità di vita cui
siamo state chiamate”.
Sorella Maria
ci invita a recuperare la sacralità della parola, soprattutto tralasciando
tutto ciò che non serve, liberandoci delle troppe parole ed esercitando una
parsimonia che ci permetta di comunicare al cuore dell’altro. Ci invita a dire
parole che abbiano sapore, che ci trasportino nella bellezza, che portino
nutrimento.
Inoltre
aggiunge:
“Prima di dire una parola bisogna essere sicuri
che questa parola vive dentro di noi” “Impariamo la esattezza scrupolosa delle
nostre parole, l’attenzione a non diminuire, a non esagerare, perché diminuendo
o esagerando si cade facilmente nell’ingiustizia”
Con questa affermazione
ci guida verso una parola che sia viva e anche giusta: solo sedimentando in noi
la parola, possiamo renderla sacra e portare la giustizia che nasce dalla
fedeltà all’esperienza.
Infine
afferma:
“Con una parola si può pacificare un cuore, si
può sostentare, edificare, consolare; ma con una parola possiamo anche turbare,
ferire, distruggere un qualcosa … se pensassimo all’uso delle nostre parola,
quanto da correggere!”
“Anche una parola può uccidere!vigiliamo perché
una nostra parola non tolga pace, non dia cattivo esempio, non tolga fiducia.”
Ci richiama in
maniera decisa e con forza all’importanza delle nostre parole, concludendo un
percorso che dalla libertà, attraverso la sacralità, ci conduce alla
responsabilità di ciò che diciamo!
INTERVENTO DI SAMUELA
Oggi una mia
cara amica, per l’ennesima volta mi ha scritto: “Allora è pronta la tua
riflessione per questa sera?” E io per l ‘ennesima volto ho risposto di no.
Quanto mi
sento piccola di fronte a persone che riescono a parlare in pubblico senza timore; io ho
sempre fatto fatica … tanto che è diventata la mia grande scusa: “Non sono
all’altezza, chissà cosa penseranno di me!”
Lei con
tenerezza mi ha risposto: “Samuela, il privilegio richiede una grande
responsabilità!” E, mentre ero davanti al
foglio bianco, senza riuscire a scrivere nulla, un'altra amica mi scrive: “Anch’io
sto scrivendo … dai ci proviamo assieme?
E un'altra ancora, dieci minuti dopo, mi dice: “Esci, stai vicino ad un fiore o
ad una pianta … con il foglio bianco.”
Mi si e’
accesa una luce! Ho sentito che, anche se a distanza, ognuna nelle proprie case,
erano lì con me e ho percepito che lo spazio e il tempo non contano, quando
qualcuno ti pensa con amore … è li con te, proprio come diceva sorella Maria.
Sì, ho avuto
il privilegio di calpestare la terra, abbracciare gli alberi, sentire il
cinguettio degli uccelli, sentire il profumo dei fiori, vedere i loro colori,
entrare nella grotta, ammirare il panorama, abitare le stanze dell’eremo, come
tanti anni fa faceva sorella Maria.
Un’emozione
grande! Non riuscivo a trattenere le lacrime!
Sorella
Daniela ci ha accolto con un grande abbraccio e sorella Claudia ci ha servito
un bicchiere di succo di sambuco, gesti semplici, ma fatti con grande amore.
Mi sono
sentita chiamare per nome, mi sono sentita a casa, come se stessero aspettando
proprio me. Quanta tenerezza nello scrivere il mio nome su quel piccolo
quaderno!
Ogni sera al lucernarium le sorelle sono solite
ricordare i nomi di tutte le persone che sono passate a visitare l’eremo. Fanno
lo stesso, la notte di Natale: leggono i nomi di tutte le persone che hanno
avuto la gioia di incontrare durante l’anno.
Quanta
semplicità in questi gesti, quanto amore!
Come diceva
spesso sorella Maria non conta tanto quello che fai, l’importante è che tu lo
faccia con amore.
Conservo
ancora nel cuore la tenerezza di ogni gesto, il calore di quegli abbracci, il
canto delle loro voci che ci accompagnano, mentre imbocchiamo il sentiero che
ci riporta in paese.
Mi auguro di riuscire a portare nella mia vita questo
insegnamento: non servono tante parole, fiumi di belle parole, ma piccoli gesti
fatti con amore!
CANTO di ELISA: Luce di Fiorella Mannoia
Non c'è figlio
che non sia mio figlio
Né ferita di
cui non sento il dolore
Non c'è terra
che non sia la mia terra
E non c'è vita
che non meriti amore
mi commuovono
ancora i sorrisi
e le stelle
nelle notti d'estate
i silenzi
della gente che parte
e tutte queste
strade.
Fa' che non
sia soltanto mia
questa
illusione
fa' che non
sia una follia credere ancora nelle persone.
Luce, luce dei
miei occhi dove sei finita
lascia che ti
guardi dolce margherita
prendi la tua
strada e cerca le parole
fa' che non si
perda tutto questo amore,
tutto questo
amore.
Non c'è voce
che non sia la mia voce
Né ingiustizia di cui non porto l'offesa
Non c'è pace
che non sia la mia pace
e non c'è
guerra che non abbia una scusa.
Non c'è figlio
che non sia mio figlio
Né speranza di
cui non sento il calore
non c'è rotta
che non abbia una stella
e non c'è amore
che non invochi amore.
Luce, luce dei
miei occhi vestiti di seta
lascia che ti
guardi,dolce margherita.
Prendi la tua
strada e cerca le parole
fa' che non si
perda tutto questo amore.
Luce, luce dei
miei occhi dove sei finita
lascia che ti
guardi, dolce margherita
prendi la tua
strada e cerca le parole
fa' che non si
perda tutto questo amore,
tutto questo
amore.
Davanti
all’Eremo concludiamo la camminata.
Fr. Renzo
legge una preghiera di Sorella Maria: Maran Atha’
Vieni Signore Gesù
O stella lucente e
mattinale, fa che noi
guardiamo a te
per giungere ove
Tu ci attendi.
O luce del mondo
Vinci le tenebre ….
O pellegrino eterno
che vieni sempre,
nel fratello, nel
piccolo, nel bisogno,
insegnaci ad accogliere!
Padre Ermes,
infine, ricorda la sua esperienza vissuta all’Eremo del Campello e conclude
dicendo: …. “quando te ne vai da quel
posto … un pezzetto di te rimane lì per sempre!!”
GLI
INTERVENTI SONO STATI STAMPATI IN FORMATO LIBRETTO E SPEDITI ALLE SORELLE DEL
CAMPELLO:
Eremo Francescano
Strada
dell'Eremo, 1
06042
Campello Sul Clitunno PG
Carissime
Sorelle,
in
data 30 aprile 2018 il nostro gruppo “Isola che c’è” vi ha fatto visita durante
il pellegrinaggio sulla via di Francesco. Eravamo in 34 persone e tutti siamo
rimasti colpiti e commossi per
l’accoglienza ricevuta.
Ci
avete dissetato con il vostro sambuco (tra l’altro molto buono, abbiamo preso
lo spunto per migliorare quello che facciamo noi) , ci avete nutrito con le
vostre parole, ci avete illuminato con la vostra gioia! Quando siamo ripartiti il vostro saluto ci ha
caricato per tutto il tragitto!
Vogliamo
esprimere tutta la nostra riconoscenza ed il nostro grazie per quanto ci avete
donato.
E’ stata proprio un’esperienza importante che
resterà nei nostri cuori!
In
data 21 maggio 2018 ci siamo incontrati per una camminata meditativa dal tema:
"Profezia e futuro nelle parole di Sorella Maria di Campello".
Manifestazione inserita nel festival biblico, importante appuntamento del
nostro territorio.
Come
vi avevamo promesso, ci teniamo ad inviarvi i testi di questa serata che è
stata molto sentita e ricca di testimonianze.
Con
immensa gratitudine e affetto.
Un
abbraccio da tutti noi.
Isola
Vicentina, 15/06/2018
Gli
amici dell’Eremo
Associazione
l’Isola che c’è
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