La
camminata meditativa del 20 MAGGIO 2019 si è svolta al Convento di
Santa Maria del Cengio e ha avuto come tema conduttore "Vivere
la responsabilità”.
Presentazione:
Siamo
responsabili di noi stessi? Siamo responsabili di chi ci sta intorno?
Siamo responsabili della terra che ci ospita? E qual è la nostra
responsabilità come esseri che cercano di vivere, oltre alla
dimensione orizzontale, anche quella verticale, quella che unisce
terra e cielo?
Fra
Renzo accoglie i partecipanti (17 persone) con un saluto di benvenuto
e con Anna Rita
alla
guida, ci incamminiamo all’interno del chiostro.
Le
nostre testimonianze:
(i
testi vengono raccolti da Fabrizio che riassume quelli non pervenuti)
INTERVENTO
DI EZIO
Sono
un aquilone, vivo il cielo.
Sento
vibrare tutto il mio insieme dall’energia che mi sostiene e mi
amplifica nell’aria.
Ammiro
il panorama sotto di sotto di me, ampio ed infinito, vedo il mare e
le onde che si infrangono sugli scogli, i boschi con la maestosità
degli alberi protesi in alto come volessero congiungere il cielo alla
terra.
Il
sole accarezza i miei lineamenti in un continuo susseguirsi di
chiaroscuri per le nuvole che aprono e chiudono il cielo.
Sono
felice, è la sensazione di un grande dono e vorrei non finisse.
Affido
al vento la responsabilità di sostenermi, di librarmi nella brezza
del suo non silenzio.
Un
sottile filamento mi congiunge la vita laggiù, sulla terra, con il
mio essere, con l’umanità.
Il
filo a volte si allenta o si contrae al massimo per il vento che
vivace ed allegro cambia, si evolve.
Il
mio se laggiù a volta tranquillo, a volte si agita, quella leggera
unione è tutto.
Vedo,
vivo il mio aquilone lassù, là in alto, nell’azzurro del cielo.
È
un punto distante, quasi irriconoscibile.
Ma
lo sento vicino, prossimo a me, con un’unione fraterna, in un
insieme unico, eterno.
Affido
alla mia esperienza, alle mie conoscenze, alle mie emozioni, al mio
sentire la responsabilità per tenere unito questo legame.
Accolgo
le sensazioni.
A
volte mi rattristo, non comprendo dove trovare la brezza favorevole e
vedo scendere sempre più in basso il mio aquilone, sembra che da
un momento all’altro debba infrangersi a terra, ma in un attimo
quasi per magia e con un colpo ben assestato al filo ritorna a volare
in alto nel cielo.
Io
e il mio aquilone.
INTERVENTO
DI OSCAR
Leggo
questo testo sulla responsabilità, che è tratto dalla tesi per
l’esame di Counseling che ha scritto mia moglie Elisa.
Prendersi
a cuore: tra le varie accezioni del termine responsabilità,
prendersi a cuore, è veramente amabile e significativa. Quel si
riflessivo rende l’espressione rivolta a se stessi e fa scaturire
nella mia mente la bellezza del gesto di una persona che prende tra
le mani il proprio cuore, ne guarda il vivo pulsare, ascolta i
battiti, quelli ritmici e quelli mancati, accarezza le ferite e lo
cura perché canti il ritmo della vita ancora a lungo, alimentando
tutta l’esistenza. Se responsabilità è, anche, prendersi a cuore
significa andare all’essenza, senza filtri, senza paure, e
riconoscere se stessi per ripartire. Se responsabilità è prendere a
cuore qualcuno o qualcosa è volgere il proprio sguardo, la propria
attenzione, le proprie mani all’Altro e incontrare la sua intimità,
per averne cura, per aiutarlo ad avanzare, per dargli ossigeno e
farlo crescere. In questa espressione sta, per me, il duplice aspetto
di questo concetto: rispondere a se stessi e rispondere ai fratelli
per creare un ambiente di consapevolezza e crescita positivo dentro e
fuori di sé.
Responsabilità
è però una parola dalle molte articolazioni semantiche e intreccia
concetti come dovere, obbligo, impegno e immagini come rispondere
delle proprie azioni e farsi avanti. La poesia del prendersi cura si
fonde con la volontà, con l’intenzione di dare direzione al
proprio agire.
Essere
responsabili significa prevedere gli effetti delle nostre azioni e
delle nostre parole e modificarle, significa corrispondere alle
attese di chi ci ascolta e di chi ci parla, prendere coscienza di ciò
che si dice e si tace per cercare di costruire ponti tra sé e gli
altri, tra gli altri e noi. La parola responsabilità contiene al suo
interno “risposta” e sottintende il dialogo, la relazione con
l’uomo.
RIFLESSIONE
E CANTO DI OSCAR
La
canzone “La linea d’ombra" di Jovanotti è una storia tratta
dal romanzo omonimo di Conrad: attraverso la descrizione di un
comandante e del viaggio che deve intraprendere con la sua nave,
parla del il passaggio all’età adulta e del significato della
responsabilità come crescita.
LA
LINEA D’OMBRA - Jovanotti
La
linea d'ombra la nebbia che io vedo a me davanti
per
la prima volta nella vita mia mi trovo
a
saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo
mi
offrono un incarico di responsabilità
portare
questa nave verso una rotta che nessuno sa è la mia età a mezz'aria
in
questa condizione di stabilità precaria
ipnotizzato
dalle pale di un ventilatore sul soffitto
mi
giro e mi rigiro sul mio letto mi muovo col passo
pesante
in questa stanza umida di un porto che non ricordo il nome
il
fondo del caffè confonde il dove e il come
e
per la prima volta so cos'è la nostalgia la commozione
nel
mio bagaglio panni sporchi di navigazione
per
ogni strappo un porto per ogni porto in testa una canzone
è
dolce stare in mare quando son gli altri a far la direzione
senza
preoccupazione soltanto fare ciò che c'è da fare
e
cullati dall'onda notturna sognare la mamma il mare
mi
offrono un incarico di responsabilità mi hanno detto
che
una nave c'ha bisogno di un comandante mi hanno
detto
che la paga è interessante e che il carico è segreto
ed
importante il pensiero della responsabilità si è fatto
grosso
è come dover saltare al di là di un fosso che mi
divide
dai tempi spensierati di un passato che è passato
saltare
verso il tempo indefinito dell'essere adulto di
fronte
a me la nebbia mi nasconde la risposta alla mia
paura
cosa sarò dove mi condurrà la mia natura? la faccia
di
mio padre prende forma sullo specchio lui giovane io
vecchio
le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio
"la
vita non è facile ci vuole sacrificio un giorno te ne
accorgerai
e mi dirai se ho ragione" arriva il giorno in
cui
bisogna prendere una decisione e adesso è questo giorno
di
monsone col vento che non ha una direzione guardando il
cielo
un senso di oppressione ma è la mia età dove si sa come
si
era e non si sa dove si va, cosa si sarà che responsabilità
si
hanno nei confronti degli esseri umani che ti vivono
accanto
e attraverso questo vetro vedo il mondo come una
scacchiera
dove ogni mossa che io faccio può cambiare la
partita
intera ed ho paura di essere mangiato ed ho paura
pure
di mangiare mi perdo nelle letture, i libri dello zen
ed
il vangelo l'astrologia che mi racconta il cielo galleggio
alla
ricerca di un me stesso con il quale poter dialogare ma
questa
linea d'ombra non me la fa incontrare. mi offrono un
incarico
di responsabilità non so cos'è il coraggio se prendere
e
mollare tutto se scegliere la fuga od affrontare questa realtà
difficile
da interpretare ma bella da esplorare provare a
immaginare
cosa sarò quando avrò attraversato il mare portato
questo
carico importante a destinazione dove sarò al riparo
dal
prossimo monsone mi offrono un incarico di responsabilità
domani
andrò giù al porto e gli dirò che sono pronto a partire
getterò
i bagagli in mare studierò le carte e aspetterò di
sapere
per dove si parte quando si parte e quando passerà il
monsone
dirò levate l'ancora diritta avanti tutta questa è la
rotta
questa è la direzione questa è la decisione
INTERVENTO
DI ANNA RITA
Prima
di comprenderne il significato, la parola “responsabilità” non
mi piaceva, o meglio, ne sentivo il peso nel metterla in pratica,
quasi come una zavorra che mi portavo dietro. Ora che ne abbiamo
riflettuto insieme, mi piace quella “capacità di rispondere”,
un’abilità che tutti possediamo e che, se coltivata, può davvero
alleggerire la nostra vita. La responsabilità come “prendersi
cura” di noi, dell’altro, l’ho vissuta bene quando sono
diventata mamma: lì tutto mi veniva naturale, ogni gesto un gesto
d’amore; non mi pesavano le notti insonni, i pannolini da cambiare
e le pappe da preparare, andare a fare la spesa con un carrello di
figli e uno di prodotti acquistati, nessuna rinuncia mi costava…la
fatica era gioia ed erano sacri i momenti difficili, perché la
gratitudine e l’entusiasmo accompagnavano ogni istante. Ora sono
cresciuti, tre su cinque sono maggiorenni, e, certo, la mia cura per
loro c’è ancora, ma è diversa: ora sono loro più responsabili di
se stessi. C’e’ stato un momento, qualche mese fa, in cui sono
stata pervasa dal senso di irresponsabilità: ho scelto di prendermi
più cura di me stessa e, a settimane alterne, sono andata ad abitare
da sola, lontano dalla famiglia. Inizialmente i sensi di colpa, la
solitudine e la paura hanno fatto si che io non vivessi con serenità
questo momento…. sono stata molto tentata dal non ascoltare questo
mio bisogno verso me stessa e di tornare a casa. Ho lasciato passare
qualche settimana, mi sono ascoltata, ho ascoltato i miei figli, ho
visto che dopo un periodo iniziale di “assestamento”, lentamente
le cose si sono sistemate ed ora sembra che siamo tutti più sereni.
Sento che è importante, ora, che io mi prenda cura anche di me
stessa, e sto scoprendo che è una cosa proprio bella.
OSCAR
LEGGE
La
responsabilità come relazione
Conoscere
se stessi e gli altri è un modo di essere responsabili. Comprendere
chi mi è a fianco è comprendere parti di me e riconoscermi: ogni
aspetto dell’altro lo possiamo individuare anche dentro di noi,
ritrovandolo se non nelle azioni almeno nelle intenzioni e questo ci
rende fratelli. Conoscere le nostre emozioni attraverso l’intuizione,
che è discesa nei crepacci del nostro mondo interiore, ci consente
di cogliere il senso di ciò che l’altra persona sta vivendo. Le
emozioni che responsabilmente siamo chiamati a conoscere ci
trasportano fuori dai confini del nostro Io e ci mettono in contatto
con il mondo
In
sala capitolare
Fra
Renzo ricorda che la sala capitolare è il luogo in cui si riunisce
una comunità monastica e
prende il nome proprio dalla tradizione antica di leggere un
capitolo di qualche regola o della costituzione dell’ordine.
RIFLESSIONE
DI FRA RENZO
Quando
si pensa alla parola responsabilità non bisogna associarla solo ad
un peso, un dovere o una preoccupazione, esiste anche una
responsabilità creativa.
Possiamo prendere un impegno e portarlo avanti per qualcosa che ci
piace, ci rallegra, ci entusiasma e ci fa sentire bene coltivando un
interesse, un hobby, una passione, ect.
Se
poi la responsabilità diventa condivisa,
ecco che riusciamo ad affrontarla con maggior spinta e serenità; un
grande esempio ci viene dato anche dall’eremo dove le varie
attività vengono portate avanti in amicizia e fratellanza con
entusiasmo responsabile. Penso sia un grande insegnamento e una
grande opportunità di fare un’esperienza condivisa, mettendo al
servizio degli altri i propri talenti, le proprie conoscenze e
professionalità.
OSCAR
LEGGE
La
responsabilità nasce dall’attenzione
L’attenzione
è premessa necessaria per conoscere le nostre esperienze interiori e
quelle altrui. La parola deriva dal latino attentio-onis e significa
rivolgere l’animo: siamo attenti quando poniamo il nostro animo in
ascolto dell’animo di un altro.
Credo
che sia necessario porsi questa domanda: nella nostra vita, in quel
cammino che ci porta verso la nostra interiorità, sentiamo la
responsabilità di metterci in gioco fino in fondo e di guardare nel
volto dell’altro cosa sta avvenendo? Se riusciamo ad essere attenti
alle nostre azioni, alle nostre parole e ai nostri pensieri, se ne
siamo responsabili e prevediamo le conseguenze di ciò che mettiamo
in atto siamo in grado di salvarci dal senso di colpa, di non
naufragare in quel mare di rimorsi che ci avviluppa a ci trascina giù
e saremo anche capaci di non creare sensi di colpa a chi ci sta
accanto.
INTERVENTO
DI ENNIO
Ho
sentito e vissuto una grande prova di responsabilità in quattro
momenti della mia vita:
-
il primo, quando ero studente e portavo a casa dei brutti voti:
ricorrente era il monito di mio padre che diceva: sii responsabile!;
-
Il secondo, quando sono diventato insegnante e, a mia volta, sentivo
il peso della responsabilità verso i miei studenti che dovevo
preparare per il loro futuro;
-
il terzo, quando sono diventato vedovo e sentivo tutto il peso della
famiglia sulle mie spalle e non è stato facile;
-
il quarto, lo sento adesso da pensionato; dopo la vita lavorativa sto
cercando nuovi stimoli per vivere in pienezza con me stesso e con gli
altri.
INTERVENTO
DI ANNA RITA
La
settimana scorsa ci siamo incontrati all’Eremo per meditare sul
tema della responsabilità; mi sono portata a casa un’immagine che
mi fa piacere condividere con voi; la sintetizzo e cerco ora di
esprimervi cosa io ho compreso, come l’ho fatta mia. Partendo dal
concetto che possiamo essere responsabili degli altri se prima di
tutto siamo responsabili di noi stessi, l’immagine é antica, ed è
questa: una carrozza, trainata da cavalli, con un cocchiere alla
guida ed un padrone all’interno. La carrozza rappresenta il nostro
corpo fisico, i cavalli sono le nostre emozioni, il cocchiere è la
mente ed il padrone è l’anima. Prenderci cura di noi stessi vuol
dire prendersi cura di tutte queste parti di noi. Se la carrozza è
un po’ “sgangherata”, e quindi il nostro fisico non è in buona
forma, è importante che ascoltiamo i segnali di disagio che ci invia
e che facciamo quanto serve per stare bene. Se i cavalli sono
imbizzarriti e non seguono i comandi del cocchiere, e quindi non
siamo in grado di gestire le nostre emozioni, ma sono loro a gestire
noi, possiamo immaginare come sarà difficile il nostro viaggio. La
mente è colei che guida i cavalli, che indica loro dove devono
andare; è fondamentale il ruolo della mente, checchè ai nostri
giorni venga a volte quasi disprezzato, e in questa rappresentazione
sottolinea l’importanza di scegliere i nostri pensieri. Il padrone
è l’anima, colei che sa dove deve andare, ed è importante che
venga ascoltata, che riesca a dialogare con il cocchiere. E’ la
sola a conoscere la direzione e vuole comunicare con la mente, ma a
volte si trova a “urlare” questa direzione ad un cocchiere un po’
sordo. Quando ci sono cura, equilibrio e dialogo tra tutte queste
parti, il viaggio della nostra vita non può essere che un viaggio
meraviglioso.
Condivisioni
finali:
Giuseppe
racconta la sua esperienza di coltivatore che accudiva i campi e le
piante con passione, amore e lavoro responsabile. Condivide poi
un’esperienza in cui ha sentito molto l’importanza della
rensponsabilità e cioè quando da militare ha scortato gli abitanti
del Vajont da un posto ad un altro in sostituzione della ferrovia
interrotta dall’esondazione della diga.
Paola
ci invita a riflettere su un altro aspetto: a volte bisogna saper
rinunciare a certe responsabilità per dare ad altri la possibilità
di crescere e maturare e, secondo lei, questo lo vive in particolare
un genitore con i propri figli.
Una
signora
sottolinea infine le varie sfaccettature della responsabilità che
secondo lei è sinonimo di pienezza, libertà e gioia.
CANTO
FINALE DI OSCAR
La
responsabilità creativa, citata da fra Renzo, è quella che ho
accolto quando ho deciso di essere sempre presente alla camminata
meditativa con almeno due canzoni a tema per accompagnare gli
interventi e le riflessioni. Non si tratta della stessa
responsabilità di essere padre di tre bambini, di essere riferimento
per la famiglia e per chi mi sta intorno, che sono un PRENDERSI CURA,
ma è di uno STIMOLO alla ricerca, alla coltivazione dei talenti,
alla relazione con noi stessi.
Propongo
la canzone “La
Cura” di Franco Battiato.
Ti
proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai
turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle
ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai
fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti
solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
Dalle
ossessioni delle tue manie
Supererò
le correnti gravitazionali
Lo
spazio e la luce per non farti invecchiare
E
guarirai da tutte le malattie
Perché
sei un essere speciale
Ed
io, avrò cura di te
Vagavo
per i campi del Tennessee
Come
vi ero arrivato, chissà
Non
hai fiori bianchi per me?
Più
veloci di aquile i miei sogni
Attraversano
il mare
Ti
porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo
assieme le vie che portano all'essenza
I
profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi
La
bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò
i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco
le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò
le correnti gravitazionali
Lo
spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti
salverò da ogni malinconia
Perché
sei un essere speciale
Ed
io avrò cura di te
Io
sì, che avrò cura di te
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