La camminata
meditativa del 22 MAGGIO 2017, che questo mese rientra fra gli appuntamenti del
Festival Biblico, si è svolta dal Chiostro del Convento di Santa Maria del
Cengio all’Eremo di Santa Maria e ha avuto come tema conduttore:
"Il cammino dell'uomo" di Martin Buber.
E' un testo che pone molte domande partendo da
quella iniziale "Uomo dove sei?" la domanda rivolta da Dio ad Adamo,
ma che è rivolta a ogni uomo in ogni tempo e luogo e quindi anche a noi oggi.
Dove sono? Dove mi nascondo? Come procedo nella
mia vita? Quale cammino attrae il mio cuore?
I nostri passi
sono stati guidati dalle parole e dalle note donate, dal silenzio della sera
che ci ha permesso di far vibrare in ciascuno di noi il significato di cammino.
RITROVO AL
CHIOSTRO:
fra Renzo accoglie
e dà il benvenuto a tutti e visto una presenza numerosa (88 partecipanti) ha chiesto a
ciascuno di presentarsi con il proprio nome e il luogo di provenienza.
INTERVENTO DI ANNA RITA
IL NASCONDIMENTO
Lo spunto per
questa riflessione mi è venuto osservando i miei nipoti che giocavano a nascondino:
era sempre la più piccola, Arianna, a dover fare la conta e cercare tutti gli
altri che, più grandicelli, ne approfittavano. Ad un certo punto, lei…
abbastanza scocciata, dopo aver contato fino a 30, si gira e dice: “adesso
basta! sono stufa! adesso tutti quelli che sono nascosti cercano gli altri che
sono nascosti…vi trovate fra di voi!”
Silenzio
assoluto…nessun movimento…gioco fermo!
Allora ho
pensato che a volte la vita, per tirarci fuori dai nostri nascondigli, ci cambia
le regole del gioco…e che noi possiamo scegliere se rimanere nascosti, o
giocare con la vita.
Il gioco era
fermo e anche noi, quando restiamo nascosti, siamo fermi: non c’è movimento, non
c’è cambiamento. In realtà non è proprio così, perché se pensiamo alla nostra
crescita lungo una linea, quando ci sentiamo “arrivati”, quando ci adagiamo…
non è che siamo fermi fermi: in verità, poco per volta, senza accorgercene,
lentamente torniamo indietro: e questo è un andare contro la vita, che, per sua
essenza, è sempre un procedere in avanti.
Noi nei nostri
nascondigli ci stiamo perché “il fuori” non lo conosciamo, là abbiamo paura, a
volte ci chiede di correre dei rischi, è un salto nel buio…mentre nascosti ci
sappiamo stare: magari tutti rannicchiati, ripiegati su noi stessi, scomodi e
“intrappolati”…ma abbiamo imparato a rimanere lì, in questo posto che sentiamo
tanto familiare; gli esperti la
chiamano “zona
confort”, che poi mica sempre è proprio davvero confort, ma ci sentiamo protetti,
sicuri, perché quel posto lì lo conosciamo bene. In realtà, la maggior parte
delle volte ci stiamo nascondendo da noi stessi: abbiamo paura di accendere la
luce, o meglio quella luce c’è, solo che l’abbiamo “soffocata”, come dice M.
Buber, l’abbiamo ricoperta di
fazzoletti che
ci impediscono di vederla; e ce l’abbiamo tutti! Non penseremo mica che Dio,
quando ha acceso in noi la sua scintilla divina abbia detto: “a te si…a te no”.
Quel diamante
che c’è in noi è nascosto in un posto tanto profondo, proprio perché è tanto prezioso…e
proprio perché prezioso è ben custodito.
E magari non
stiamo proprio bene in quel posto, soffriamo, stiamo male, perché, se siamo onesti
con noi stessi, prima o poi quella voce che ci chiede “dove sei tu nel tuo
mondo?” l’abbiamo sentita tutti: solo che, come dice M. Buber “E’ la voce di un
silenzio simile a un soffio”… parla piano, sussurra, e noi fatichiamo a
sentirla.
Poi.. ad un
certo punto, un nipote coraggioso si è alzato e ha cominciato a cercare…poi un secondo
e così via…alla fine c’era un sacco di confusione: non si sapeva più chi
cercava chi e chi trovava chi! Confusione e divertimento nello stesso tempo….
perché non è detto che quando usciamo dai nostri nascondigli incontriamo solo
dolore e sofferenza: la vita ci riserva anche tanta gioia, sorpresa, piacere,
ma noi restando lì, perdiamo un sacco di opportunità. Poi uno corre alla base e
dice “libero!”..SI! Perché quando abbiamo il coraggio di rivelarci, ci
liberiamo. E poi l’ultimo libera tutti! .SI! La nostra libertà si riflette sugli
altri, si espande, si vede, è un dono per tutti quelli che stanno giocando con
noi.
Certo che ci
vuole coraggio per uscire, …ma si fa un passo alla volta. E il primo passo, ci dice
Buber, è proprio riconoscere che ci stiamo nascondendo. E’ questa
consapevolezza che da inizio al cammino! Vuol dire ascoltarci con onestà e
sentire in che posto siamo: che magari vuol dire riconoscere che abbiamo paura,
che ci sentiamo soli, che abbiamo bisogno d’aiuto, che forse ancora non
sappiamo chi siamo e forse nemmeno dove stiamo andando..ma questo è il posto
dove ci troviamo, e da lì parte il primo passo! E mi viene in mente un mio
grande maestro e amico che un giorno mi ha detto proprio queste parole: “Anna,
il primo passo parte sempre da dove sei..ma ricordati che quando una gamba ha fatto
il primo passo, l’altra sa da sola cosa fare!”
Concludo come
ho iniziato, per chiudere bene il cerchio: la vita a volte rimescola le carte e
cambia le regole del gioco per darci la possibilità di uscire dai nostri
nascondigli …e noi possiamo sempre scegliere se rimanere nascosti…o giocare con
la vita. Buona vita a tutti!
CANTO DI ALESSANDRO – Un giorno credi di Edoardo
Bennato
INTERVENTO DI ELISABETTA
Vorrei inizialmente che riflettessimo sul
titolo di quest’opera piccola nella dimensione, ma straordinaria per i messaggi
che ci offre: Il cammino dell’uomo.
Anche il titolo sembra semplice ma in realtà
nasconde un implicito importante. Infatti il cammino è proprio dell’uomo, gli
appartiene, come dice il complemento di specificazione. Il cammino non può
essere senza l’uomo, ma d’altro canto non c’è uomo se non c’è cammino. Dunque
Buber ci suggerisce che non possiamo dirci uomini se non siamo in cammino.
Questo ci immette nella storia de i grandi
cammini dell’antico testamento: quello di Abramo, che si allontana dalla sua
terra o di Mosè il cammino di liberazione per eccellenza o del Cristo stesso è
in cammino dalla nascita fino alla morte.
E qui si apre la prima domanda: io sono in cammino?
L’autore ci mostra quelle che sono le tappe
per essere uomini in cammino capitolo dopo capitolo. Nel capito intitolato IL CAMMINO PARTICOLARE esordisce
mettendo in scena un dialogo tra due saggi un discepolo e un maestro:
Il discepolo chiede al maestro:
“Indicatemi un cammino universale al servizio di Dio!”. E il maestro
risponde: “Non si tratta di dire all’uomo
quale cammino deve percorrere: perché c’è una via in cui si segue Dio con lo
studio e un’altra con la preghiera una con il digiuno e un’altra mangiando. E
compito di ogni uomo conoscere bene verso quale cammino lo attrae il proprio
cuore e poi scegliere quello con tutte
le forze”.
Con ogni uomo viene al
mondo qualcosa di nuovo che non è mai esistito, qualcosa di primo e unico. (…)
Ogni singolo uomo è cosa nuova nel mondo e deve portare a compimento la propria
natura in questo mondo. (…) Ciascuno è tenuto a sviluppare e dar corpo proprio
a questa unicità e irripetibilità, non invece a rifare ancora una volta ciò che
un altro - fosse pure la persona più grande - ha già realizzato. (…)Tutti gli
uomini hanno accesso a Dio, ma ciascuno ha un accesso diverso. E infatti la
diversità degli uomini, la differenziazione delle loro qualità e delle loro
tendenze che costituisce la grande risorsa del genere umano.
In queste parole è presente il primo spunto che Buber ci offre la
nostra unicità che allo stesso tempo
ci impaurisce e ci elettrizza. C’è un grande entusiasmo nella possibilità di
scoprire quale sia il mio cammino e realizzarlo, ma quanta paura all’idea che
io possa fallire e non portare sulla terra il mio messaggio, che, come diceva
Vannucci, è un messaggio di Dio per il mondo.
Ma da dove posso partire
per intraprendere il mio cammino?
Buber ci viene in aiuto, donandoci un altro elemento, perché non ci
lasciamo scoraggiare dalla vaghezza dell’idea: ci dice che, per capire qual è
il nostro cammino particolare, possiamo individuare il nostro desiderio fondamentale. Anche in questo
caso, come nel titolo le parole sono solo due ma di una pregnanza potente: il desiderio è un termine che deriva dal
latino de sidera = dalle stelle è la parte di noi che viene dal cielo. Fondamentale che deriva dal latino
fundamentalis che si rifà a sua volta a fundamentum che richiama le fondamenta il costruire, la
terra come elemento nel quale possiamo costruire. Buber ci dice che il
desiderio fondamentale è quello per cui il nostro cuore trema e si commuove,
nel quale sentiamo di essere completamente presenti e felici e attraverso la
comprensione di questo possiamo unire il cielo e la terra, sviluppare la nostra
dimensione verticale e quella orizzontale la nostra unicità diventa il mezzo
per santificare i nostri atti.
“Qualsiasi atto naturale, se santificato, conduce a Dio, e la natura
ha bisogno dell’uomo perché compia in lei ciò che nessun angelo può compiere:
santificarla.” Allora vorrei concludere con l’ultima domanda: Qual è il mio
desiderio fondamentale?
CANTO DI OSCAR - Questa è la mia casa di Jovanotti
INTERVENTO DI FRANCESCA
C’è un
capitolo in questo libro che si intitola risolutezza e comincia con un’immagine
che mi ha molto colpito. Il testo comincia col narrare la storia di un maestro
e un discepolo, il discepolo deve portare a termine un esercizio e ci riesce
tra mille tentennamenti, ma il maestro commenta questo comportamento
sconclusionato dell’allievo definendolo un rammendo. E’ un’immagine
inaspettata, presa dalla sfera del quotidiano, forse di altri tempi, in cui le
donne salvavano qualcosa di strappato rammendando, cucendo su e giù o a zig
zag. E è proprio questo a cui si riferisce il maestro riferendosi al comportamento
dell’allievo, l’andamento del filo che cuce, che va su e giù, che non è
diritto, lineare, non ha una direzione costante, ma è fatto di un andirivieni,
avanti e poi di nuovo indietro, vorrei ma non posso, devo ma non voglio...
Quante volte succede di intraprendere un’azione, un progetto e cominciare in un
modo, proseguire in un altro e finire in un altro ancora, alternando
atteggiamenti di intraprendenza con scoraggiamenti e per paura di fallire anche
rinunce, per poi recuperare qualcosa in extremis, se va bene.. c’è una canzone
che dice:
“Te ne sei accorto, sì
Che parti per scalare le montagne
E poi ti fermi al primo ristorante
E non ci pensi più”
Che parti per scalare le montagne
E poi ti fermi al primo ristorante
E non ci pensi più”
A chi non è
capitato di sentirsi pronto per cambiare il mondo e poi al primo lieve
ostacolo, prima ancora di partire, fermarsi e dimenticarsi anche il proposito
iniziale? Ma come è possibile che accada? Primo perché a volte pretendiamo di
partire in grande e invece sarebbe meglio esercitarsi in azioni più semplici.
Poi Perché l’anima non è unificata dentro di sé, è strappata come il tessuto
che si vuole rammendare: altra immagine forte
che ci descrive un animo come tanti lembi di stoffa strappati. Questi
strappi posso immaginare siano dovuti a dei tiri alla fune con se stessi o con
gli altri e tira oggi tira domani, prima o poi un lembo si strappa.. Il maestro
spiega allora che il contrario dell’azione rammendata è un’opera di un sol
getto. Come si fa a farla? Cita p.36
Questo
messaggio che ci viene dato è un insegnamento che ci fa costruire e sperare: ci
dice che è normale partire con un’anima molteplice, abitata da tanti sé, magari
in perenne contraddizione tra loro. Va bene. Ma di fronte a questo non siamo
impotenti perché c’è una parte dentro di noi, divina, che ha potere di
trasformare i nostri tentativi sconclusionati in un’opera d’arte, perché è più
forte delle forze in conflitto e più grande del conflitto stesso, del vorrei ma
non posso, devo ma non voglio, potrei ma ho paura …
In più
l’insegnamento ci dice che questa unificazione non è solo dell’interiorità, ma
passa attraverso il corpo e le emozioni.
Per me è difficile da capire e realizzare questo aspetto, mi immagino il
mio io come facevano gli antichi, un carro, un composto di elementi diversi,
anima, corpo, mente, emozioni, che se vogliono muoversi cioè essere in cammino,
devono trovare quell’equilibrio, quel richiamo che li fa andare tutti nella
stessa direzione. Se anche solo una parte punta i piedi, ecco che il cammino si
blocca. Oppure mi immagino il direttore d’orchestra che fa suonare insieme gli
strumenti perché sono tutti accordati tra loro con lo stesso LA di fondo. Infatti un versetto della scrittura dice:
p.39 “ Tutto ciò che la tua mano trova da fare…..
Concluderei
con l’ultima immagine del capitolo sul gioco della dama: ma voi conoscete le
regole di questo gioco? Si può fare solo un passo alla volta, si può solo
andare avanti e mai tornare indietro e, quando si arriva in alto, si va dove si
vuole.
INTERVENTO DI DAVIDE
CANTO DI EDOARDO - Amerigo di Francesco Guccini
INTERVENTO DI MATTEO
Non preoccuparsi
di sé! Ma cosa vuol dire non preoccuparsi di sé? E perché questo titolo mi
risuona così forte dentro di me? Forse perché sono davvero preoccupato del mio
futuro e della mia sorte. Perché non devo preoccuparmi?
Leggendo le
pagine di Buber ho sentito ed ho capito che forse il mio continuo pensare e
preoccuparmi di me stesso dava da mangiare e nutriva a dismisura il mio ego.
Il mio ego,
ormai obeso, nascondeva dietro di sé l’ormai esile e minuto progetto che Dio mi
ha consegnato.
Buber scrive: bisogna dimenticare se stessi e pensare al
mondo …. Bisogna contrapporre il regno di Dio ed il compito che Dio ha scritto
su ciascuna delle nostre anime al nostro egocentrismo.
Subito mi sono
chiesto come posso fare per snellire il mio ego e rifocillare e rinvigorire il
mio sé tanto caro a Dio ed il suo regno?
Ancora una
volta Buber ci viene in nostro aiuto e scrive: Invece di tormentarti incessantemente per le colpe commesse, devi
applicare la forza d’animo utilizzata per questa autoaccusa all’azione che sei
chiamato ad esercitare sul mondo …. Non di te stesso, ma del mondo ti devi
preoccupare! Allontanati dal male e fai del bene.
Contrapponi al male un’azione buona.
Ecco allora la
soluzione, la via! Se è male preoccuparci solo di noi stessi, utilizziamo
questa energia per conoscere ed alimentare ciò per cui siamo venuti al mondo e
per il mondo.
INTERVENTO DI LUCA
Parto da me
per raccontare l’incontro col testo di Martin Buber, in particolare col
penultimo capitolo del libro NON PREOCCUPARSI DI SE’.
In 29 anni ho
fatto viaggiare per lavoro tante persone in Europa e nel Mediterraneo: a piedi,
in bicicletta e in barca. Io in questi anni ho forse viaggiato poco ma ci sta:
come il calzolaio ha sempre le scarpe rotte anche un agente di viaggi può viaggiare
poco anche se fa viaggiare gli altri. In realtà penso che il mio più bel
viaggio, e forse quello più lungo, è il viaggio interiore che ho intrapreso qui
all’eremo oltre 2 anni fa assieme a Nicoletta e a una parte di voi. Durante le
vacanze di capodanno Nicoletta ci ha proposto la lettura de “Il cammino
dell’uomo” di Martin Buber. E’ un libro piccolo ma molto denso che ho
cominciato a tenere sempre con me perché mi parla in tanti momenti della mia
vita.
In questi
primi quasi 50 anni di vita sono andato all’estero, ovvero sono emigrato 2
volte. L’ultima volta per un periodo di 5 anni in un Paese del Nord Europa dove
sono stato accolto molto bene. La prima volta sono andato in Africa con la mia
famiglia che voleva migliorare le proprie condizioni economiche. I miei
genitori sognavano di costruire la casa in un paese del vicentino dove sono
nati. Purtroppo arrivati al tetto i soldi sono finiti ed è stata una scelta
obbligata quella di andare in Nigeria per circa 2 anni. Io lì ho fatto la
seconda media e ho avuto fin da subito 2 persone che si sono occupate di me.
Innocent accompagnava me e mia sorella a scuola tutti i giorni e ci veniva a
prendere. Udo ci aspettava a casa e cucinava il pranzo e la cena.
Insomma
rileggendo Buber non posso non condividere con tutti voi le sue esortazioni:
COMINCIARE DA
SE STESSI, MA NON FINIRE CON SE STESSI;
PRENDERSI COME
PUNTO DI PARTENZA, MA NON COME META;
CONOSCERSI, MA
NON PREOCCUPARSI DI SE’
NON DI TE
STESSO, MA DEL MONDO TI DEVI PREOCCUPARE:
DIMENTICATEVI
DI VOI E PENSATE AL MONDO
E pensare al
mondo oggi vuol dire pensare ai figli di Innocent e di Udo che probabilmente
sono già in cammino per raggiungere l’Europa. Voglio dire a tutti noi di
accogliere a braccia aperte quei figli stranieri di terre lontane che sono in
cammino e che hanno l’unica colpa di vedere il deserto che avanza ogni anno per
chilometri e di sognare per se stessi e per i propri figli un futuro migliore.
CANTO DI SILVIA ED ENRICO: "Vita Nuova" di ireblA (testo di Nadia Spiller)
Una vita da crescere ed amare
senza domande ne perchè
senza ma senza se....
So chi sono ora,
so che strada voglio fare,
so con chi voglio camminare.
senza domande ne perchè
senza ma senza se....
So chi sono ora,
so che strada voglio fare,
so con chi voglio camminare.
Ho sognato una nuova vita
nel silenzio della notte
ha sollevato la mia sconfitta.
Ho ascoltato questa vita
che ha raccontato la storia
fuori dal tempo e dalla memoria.
Ho sognato una nuova vita
che mi prendeva poi per mano
e mi faceva volare
su nel cielo alto
oltre la pura fantasia
oltre i confini dell’anima mia.
Una vita da crescere ed amare
senza domande ne perchè
senza ma senza se....
So chi sono ora,
so che strada voglio fare,
so con chi voglio camminare.
Oh signore dammi Amore
dammi Amore e cuore aperto,
che questa vita possa essere grande
nel segno del tuo Amore
nel segno del tuo Cuore.
Passo passo fra le gente
lontano dallo sguardo della mente,
seguo solo il mio cuore
che è la mia bussola
in questo nuovo mondo d’Amore
INTERVENTO DI LISA
QUI’ DOVE SONO
E’ LA VITA
Nel terreno
che attende il seme per dargli il suo nutrimento
Nella zappa
appoggiata al muro che aspetta le mie mani per poter esprimere la sua essenza
Nel frutto
maturo che attende di essere colto per donare il suo sapore
Nel sorriso di
chi lo riceve in dono e lo gusta
LA’ DOVE SEI
E’ LA VITA
Nelle vie
della città che percorri frettolosamente
Nei porti che
attraversi sovrappensiero
Nei giardini
in cui ti siedi assorto
Là si
nascondono messaggi che aspettano di essere letti, domande che attendono
risposta, tesori che aspettano di essere trovati.
QUI’ DOVE
SIAMO E’ LA VITA …. INCONTRIAMOLA!
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