Predica 3 gennaio Betta

Questo, come è noto, è il prologo del Vangelo di Giovanni. Si differenzia notevolmente dagli esordi degli altri Vangeli per l’argomento e per la forza.
Matteo inizia con la genealogia di Gesù.
Marco con il racconto della predicazione di Giovanni il Battista.
Luca, dopo la lettera a Teofilo, racconta la vicenda di Elisabetta e Zaccaria.
In ognuno di loro c’è l’esigenza di innestare la venuta del Cristo in un panorama più ampio, quello del suo albero genealogico, o del suo legame con Giovanni il Battista. Restiamo comunque in un ambito umano.
Giovanni con il suo esordio del Vangelo innesta la storia del Cristo nella storia della vita stessa dai primordi. Dà un respiro universale al suo avvento.
Vorrei in particolare soffermarmi su quel “In principio”: sono le stesse parole con cui inizia la Genesi.
Il primo aspetto che mi colpisce è il coraggio di questo evangelista di cominciare la sua opera con le stesse parole del libro per eccellenza, la Bibbia.
Ne riprende poi anche la potenza della raffigurazione creando un nesso tra l’inizio della storia dell’universo e quella del Cristo, innestato dunque in essa.
In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dice la Genesi, evocando la luce creata da Dio, attraverso la parola.
Anche nella visione giovannea il Verbo ha in sé la Vita e la Vita è Luce.
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.

Ma cos’è il Verbo di cui Giovanni intesse il suo scritto?
Il testo originale in greco dice il Logos che poi è tradotto con Verbum in latino e Verbo in italiano.
Il Logos è la potenza creatrice di Dio, è l’energia ordinatrice che dal caos guida al cosmo, è la sapienza del testo del Siracide della prima lettura, è la forza che regola il moto degli astri in cielo, che fa crescere la quercia e imbiondire il grano sulla terra, è l’amore che trasforma il nostro cuore di pietra in un cuore di carne, è la parola che ci trasforma.
Il Verbo del testo è dunque il Cristo, che dall’immensità dello spazio e dall’infinitezza del tempo è venuto ad incarnarsi per portarci la luce attraverso la sua parola. Soffia con il suo amore in tutto il Vangelo di Giovanni che tra i primi ha sperimentato la forza trasformativa del Verbo-Cristo perchè  da pescatore, fratello di Giacomo, figlio di Zebedeo, è divenuto l’aquila che ha potuto vedere la luce incarnatasi sulla terra e diventarne il cantore sublime.
Con la stessa potenza il Verbo-Cristo può trasformare anche ognuno di noi e noi stessi possiamo provare a comprendere come aiutarci a trasformare le nostre esistenze, lasciandoci avvolgere dal soffio del Verbo.
Per cercare di comprendere anche solo un po’ nella nostra imperfetta umanità la grandezza del Verbo – Cristo, ho provato a prendere in considerazione in particolare un aspetto del Verbo inteso come parola nella sua capacità trasformativa.
Mi sono chiesta allora quando le parole del Cristo sono maggiormente trasformative, quando cambiano la vita di un uomo e creano una nuova storia: questo accade soprattutto nei sette miracoli che Giovanni racconta.
Il primo miracolo è quello delle Nozze di Caana, Gesù dice:
“Riempite le giare di acqua” e  “Ora attingetene e portatene al maestro di tavola”
“Va’ tuo figlio vive” dice al funzionario del re
“Vuoi guarire? Alzati, prendi il tuo giaciglio e cammina” al paralitico
“Fateli sedere” ai cinquemila
“Sono io, non temete” dice ai discepoli, mentre cammina sulle acque
“Va’ e lavati nella piscina di Siloe” al cieco dalla nascita   
“Togliete la pietra. Lazzaro vieni fuori”.
Non c’è mai una parola di troppo. Le sue parole sono sempre poche. Quante ne usiamo noi ogni giorno! Quanto chiacchiericcio delle parole dette e anche solo pensate che ci allontana dalla luce del Cristo.
Le sue parole sono anche potenti, ma non di potere.
All’eremo da qualche tempo stiamo facendo un percorso sulla comunicazione: abbiamo constatato come spesso le nostre parole sono parole di potere provocatorie, accusatorie, lamentatorie, ricattatorie, vogliamo avere la meglio sugli altri. Non aiutare gli altri a camminare i propri passi.
Le Sue parole sono di volontà assoluta ossia tutto il Cristo è in esse corpo cuore mente. Invece mi pare che spesso ci sia scissione nel nostro essere quando parliamo, pensiamo una cosa e ne sentiamo un’altra e ne diciamo una terza.
Sono parole di verità, non c’è mai in esse possibilità di ambiguità.
Infine sono parole di amore totale, un amore che lascia liberi, ma che non lascia spazio alcuno all’autocommiserazione, ci spinge a volere la nostra libertà.

Voglio in questo inizio d’anno chiedere che le nostre parole si avvicinino anche di un solo gradino  a quelle del Cristo - Logos e possano portare luce e verità.

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