La camminata meditativa, la sera
del 17 febbraio 2014 si è svolta all’interno del Chiostro con una sosta davanti
alla statua della Vergine Maria in giardino per poi terminare in Chiesa. A
causa del terreno scivoloso si è preferito evitare la salita all’Eremo ed ha
avuto come tema conduttore: “l’ascesa al
monte”. Lungo il percorso, ritmato dai passi silenti dei partecipanti, dal
canto melodioso, sono state offerte alcune riflessioni/testimonianze, che ora
vengono consegnate come dono a coloro che lo desiderano.
I Sette santi fondatori
Prima di
intraprendere la camminata meditativa ci siamo trovati nella sala capitolare
del convento per rievocare i Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di
Maria in occasione della loro festa il 17 febbraio.
Fra’ Renzo e Fra’
Luigi spiegano che dalla riunione di questi sette laici fiorentini, avvenuta
per ispirazione della Vergine nel 1233, è sorta nella Chiesa la famiglia dei
Servi di Maria. Al loro esempio di unità, di umile servizio del prossimo e di
contemplazione si sono sempre ispirati, lungo i secoli, le comunità dei Frati e
delle Suore dell’Ordine dei Servi di Maria. L’idealità da loro perseguita è uno
dei più bei frutti del movimento mendicante e della devozione mariana del
secolo XIII; furono canonizzati da Papa Leone XIII nel 1888.
ELISA CANTA
CAMMINA NEL SOLE
(G.Grignani)
Oggi tutto va così
Siamo in una slot
machine
Dove e' il caso
sempre a vincere
Puoi far pace con
gli dei
Ma ci riesci tu
con i tuoi
Dimmi un po' a
farti comprendere
E ti parlo come
amico
Perchè so che sai
che dico
Siamo sulla
stessa strada
Che anche se non
ti conosco
So che sei un
tipo a posto
E spero che te
ovunque vada
Cammini nel sole
Walking away with me
Cammina nel sole
walking away with me e brucia le suole fino a che Finche sulla strada Profumo di viole c'e' Cammina nel sole Finche' ti scaldera' finche' ti va Finche' avrai la sensazione di esser libero Perche' non c'e' una eta' Forever Young |
E bruci le suole
anche se
Non c'e'
direzione
Ma profumo di
viole c'e'
Tu cammina nel
sole
Cammina nel sole
Sotto le
costellazioni
Siamo anime a
milioni
Che a pensarci
c'e' da perdersi
Tutti con la
propria storia
Un graffio dentro
alla memoria
Tutti sulla
stessa strada
Ogni tanto c'e'
una sosta
A Las Vegas o un
giro in giostra
Ma poi vada come
vada
E se non ce la fai più
Guarda in sù E cammina nel sole walking away with me E brucia le suole fino a che Finche Dio vuole E profumo di viole c'e'
Cammina nel sole
Cammina nel sole Tu corri nel sole |
INTERVENTO DI FRANCO
Salire una montagna suscita sensazioni opposte, fatica e piacere, fiato
corto per lo sforzo e fiotti di ossigeno ai polmoni, testa bassa a valutare i
pericoli e graduale apertura di orizzonti.
E così, in questo gioco di contrasti, più si sale e più si vede
lontano...
Mi viene in mente il viaggio di Gesù nel Vangelo di Luca, le sue
immersioni in Galilea e Samaria, i luoghi della vita e delle relazioni, per
affrontare poi la salita a Gerusalemme, il luogo del riconoscimento definitivo
della sua identità, della sua piena umanità, cioè della sua divinità.
Dal punto di vista fisico, salire verso l’alto implica sempre la
necessità di vincere la forza di gravità.
Allo stesso modo nella vita c’è sempre una forza contro cui combattere,
un’energia che trattiene, frena, rende difficoltosa la salita, impedisce di
prendere il volo. Ma qual è per me questa forza?
Nell’ascesa a Gerusalemme Gesù ricorda che per seguirlo nell’impresa di
scalare la montagna è necessario lasciare madre, padre, figli, fratelli (Lc14, 25).
Per salire è dunque necessaria una separazione, un distacco (come
insegna la Natura).
Rinunciare alla madre significa rinunciare a tutte le protezioni, i
luoghi, le forme dentro le quali ci troviamo cullati. Quante madri possediamo!
Che ci difendono e non permettono l’ascesa alla
piena maturazione della nostra umanità. A volte stiamo ancora così bene dentro
il seno materno!
Il padre rappresenta tutte le autorità davanti alle quali abdichiamo il
nostro pensiero. Spesso abbiamo ancora bisogno di un padre che ci dica che cosa
fare e che cosa credere.
È necessario dare un nome ai nostri cordoni ombelicali per poi
reciderli.
Uno dei miei cordoni ombelicali è stato il comando, l’ingiunzione genitoriale (implicita, inconscia) “riscatta la nostra famiglia”. Riscatto che sono riuscito a realizzare, ma a quale prezzo? Ho dovuto difendere, giustificare, arginare, rispettare categorie e modelli, diventare un bravo...
Uno dei miei cordoni ombelicali è stato il comando, l’ingiunzione genitoriale (implicita, inconscia) “riscatta la nostra famiglia”. Riscatto che sono riuscito a realizzare, ma a quale prezzo? Ho dovuto difendere, giustificare, arginare, rispettare categorie e modelli, diventare un bravo...
È un comando che ancora aleggia nell’aria e che limita la mia libertà,
la verità di ciò che sono, la mia.. ascesa al monte.
Gesù ha pronunciato forte “Io sono” e vuole che ognuno riesca a dire
“Io sono”. Ci invita a liberare tutte le forze vive, mentali, psicologiche e
fisiche che sono in noi.
“Non importa quanto sia angusta la porta, quanto impietosa la sentenza,
sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima”
(Invictus,
William Ernest Henley)
Apro il vocabolario
sul mio nome e leggo:
“Franco”, dal latino tardo Francus, col significato di:
1. uomo “coraggioso”, del popolo dei Franchi
2. “ardimentoso”, “intrepido”
3. “libero”, e quindi “selvatico”, contrapposto a innestato, esente da imposizione o prestazione.
“Franco”, dal latino tardo Francus, col significato di:
1. uomo “coraggioso”, del popolo dei Franchi
2. “ardimentoso”, “intrepido”
3. “libero”, e quindi “selvatico”, contrapposto a innestato, esente da imposizione o prestazione.
Il mio nome racchiude
tutto il mio destino!
INTERVENTO DI LISA
L’ascesa al monte è un’esperienza di ritmo, mente e spiritualità.
Lascio a casa le idee di conquista e ricerco il contatto lungo la via.
Ascolto i miei passi, ricerco il mio ritmo e qualcuno che lo sappia
condividere.
Ascolto la fatica … che so si trasformerà in pienezza una volta
arrivata lassù.
Guardo la mente che ogni tanto protesta dicendo: “ma chi te lo fa
fare?!”
Lascio dare la risposta alla spiritualità, alla carica energetica che
viene dalla contemplazione che si gode dalla vetta o dalla sosta su quel ciuffo
verde o quel sasso così comodo che incontro cammin facendo.
Faccio lavorare i cinque sensi:
gli ODORI, è profumata l’aria lassù;
i COLORI dei larici in autunno
dei boschi infuocati;
i SAPORI delle bacche che ad
ogni stagione raccogliamo per ristorarci;
il TATTO del tappeto d’erba quando tolgo gli scarponi;
l’UDITO che si riposa del frastuono e scopre il fruscio, il silenzio,
la risata in lontananza.
Certo potrei scegliere una via più facile, una veloce funivia…. , ma la
soddisfazione di arrivare da protagonista ha un sapore diverso per me. E’
proporzionale a quello sforzo in più…
I pensieri più pesanti cadono via via lungo il cammino e da lassù si
vede il MARE!
INTERVENTO DI BERTILLA
Il primo pensiero che mi viene in mente è la salita al Monte Calvario di Gesù: le Sue cadute, le Sue sofferenze fisiche, la Sua dignità.
La nostra vita è salita, è ascesa. Salita
dove inciampi, cadi e provi dolore.
Quando ti rialzi però sei un po’ più forte
e sali ancora: gli ostacoli si fanno meno pesanti e ogni volta sei consapevole
che il tuo cuore è cambiato: si abbandona un po’ alla volta ed il dolore è più
leggero.
Ti rendi conto che ad ogni caduta apprezzi
di più la vita nelle sue piccole cose, quelle cose che sono diventate "la
normalità" e ci siamo dimenticati di quanto belle sono.
L'ascesa al monte della vita costa fatica,
coraggio e tanta gioia.
Gioia di vivere ringraziando e gustando
ogni istante che respiriamo: da quando apriamo gli occhi a quando li chiudiamo.
Ascoltando le testimonianze di alcuni
amici mi sono venute in mente le camminate in montagna quando la salita ti fa
chinare la testa per vedere dove mettere i piedi.
Questa sera mi è piaciuto sollevare la
testa e osservare il cielo stellato, i mosaici di questo bel Chiostro e ho
capito che è bello salire con la testa alzata!
INTERVENTO DI DAVIDE
Salire è per me una parola inscindibile
Nel mio andare per montagne ho
visto e sperimentato che l’essere
in montagna ti rende più vulnerabile, più nudo.
Le emozioni sono più grandi, la gioia è più grande e la paura,
soprattutto quella è più grande...e tutto questo ti fa sentire incredibilmente
vivo. Si pensa che a due passi dalla vetta chiunque venga preso per mano dalla
felicità, ma per me non è cosi. In vetta ho provato sì la felicità, ma anche
l’amarezza, l’amarezza di un risultato raggiunto e del chiedersi…: e adesso?
Così di montagna in montagna continuavo a salire, e quasi mi arrabbiavo con
queste montagne che non mi capivano, che non capivano il mio bisogno di cambiare e l’essere lì a sperimentarmi per
ottenere qualcosa, per essere migliore una volta giunto in vetta dopo aver
vinto tante paure… e invece io rimanevo lo stesso, e le mie paure anche……
E’ stata una grande lezione, perché lì ho iniziato a capire dove erano
le vere montagne, quelle più impegnative e da cui io fuggivo da tempo, erano
tutte li ad aspettarmi…dentro di me.
Quando ora vado in montagna chiedo sempre a me stesso il motivo per cui
voglio andarci, e qualsiasi sia la risposta
tengo presente, per prima cosa, questo: la montagna fuori non può
sostituire la montagna dentro.
INTERVENTO DI MATTEO (letto da Elisa)
Cosa vuol dire salire?
Che salita percorriamo nella nostra vita e dentro di noi?
Salire, affrontare una salita, è catartico.
Affrontare una salita ci purifica: ci svuota di tossine, sudore,
pensieri negativi. Il nostro corpo, macchina perfetta ed efficiente, elimina
infatti tutto ciò che non è funzionale all’obiettivo di raggiungere la vetta e
i primi che vengono scaricati, al primo tornante, sono i pensieri negativi.
Ciò accade soprattutto quando abbiamo ben chiari dentro di noi
OBIETTIVO e STRATEGIA, che possiamo definire con “volere veramente raggiungere la vetta della salita” e con “conoscere la strada per arrivarci”.
Provate a sbagliare strada su un sentiero in salita! Il morale è il
primo a crollare, peggio di uno scivolone o di una caduta! O proviamo ad
immaginare di salire mentre pensiamo: “ho messo troppe cose nello zaino o mi
manca questo …” o peggio ancora “no dai, oggi mi fermo a metà salita, domani la
faccio tutta… promesso! No, no, salire significa fare fatica, è catartico
certo, ma è necessario predisporci nella maniera migliore, con atteggiamento
utile, pensieri positivi, concreti, ponendoci anche umili micro-obiettivi
settimanali o mensili nel lavoro, che è una di quelle salite strane perché ci
sembra ogni giorno uguale! (anche se non lo è mai!)
Possiamo parlare un secondo anche di “con chi” affrontiamo la salita.
Questo punto per me è fondamentale nelle salite “dentro di noi”. In queste
salite il rischio di confondere l’obiettivo, di non capire bene se un
atteggiamento è utile oppure no a raggiungere la vetta, è molto alto. Affrontare
questo tipo di salita con qualcuno, non necessariamente un amico ma una persona
che possa fornirci strumenti utili (allenamento, gioia, strategia, calma) può
realmente modificare la nostra percezione della salita ed aiutarci nel
superarla.
Un abbraccio e buona salita a tutti!
In Chiesa
INTERVENTO DI CINZIA
Quando si è giovani, più o meno consapevolmente si ha la vita davanti a
sé. Si procede anche distrattamente ma si va avanti e, andare avanti, significa
fare fatica. La fatica sta nel contrapporsi alla realtà, irrigidirsi davanti a
soluzioni non accettabili, combattere con le regole e i sentimenti, significa
vibrare e significa anche camminare in salita. Il percorso sembra lungo, ed è
lungo. Ci si inerpica su un sentiero per arrivare sulla cima della montagna:
rappresenta il raggiungimento delle nostre soddisfazioni, in qualche modo. Non
ci rendiamo conto di quando cominciamo a scendere non necessariamente dalla
cime e indipendentemente dall'età. Ma si scende. Piano all'inizio; non ce ne
accorgiamo. Lasciamo perdere qualcosa: un ricordo, una cosa, un nome. Ci
distraiamo, perdiamo combattività.
Scendiamo lungo il fianco della montagna ma, ad un certo punto, notiamo
il silenzio e ci giriamo indietro. Non c'è più nessuno, non vediamo più i
nostri figli perché loro stanno salendo lungo l'altro fianco della montagna.
All'improvviso ci sentiamo soli. Sentiamo che il nostro tempo è passato
e anche troppo in fretta, e abbiamo perso gli agganci e anche gli affetti: così
almeno crediamo. Soli. E allora....allora ci guardiamo attorno. Chi scende con
noi? Mah..è il nostro compagno di vita! Lo guardiamo con altri occhi, adesso,
non importa se ci ha preoccupate, spazientite, irritate e tutto il resto!
Allora sentiamo finalmente una grande tenerezza, tanto che ci viene voglia di
allungare una mano, cosa che non avevamo mai fatto, per pudore o altro, e
cerchiamo la sua mano. Lui scende con noi e la sua vicinanza ci rassicura; non
siamo più sole e quando uno dei due scivolerà più in fretta, ci resterà
quell'ultimo calore.
INTERVENTO DI TONO
Quando ho iniziato
la salita di questo monte, mi sono reso
conto che sarebbe stata “un’ascesa senza ritorno” e, improvvisamente, ho
rivisto la storia di tutta la mia vita, a dire il vero non tanto lunga, ma
sicuramente intensa e piena di emozioni.
Mi hanno raccontato
che quando sono nato mio nonno sia andato da certi personaggi per prevedere
quale sarebbe stato il mio futuro e che, al suo ritorno, si sia fatta una gran
festa perché sarei diventato un uomo pieno di successi con un grande avvenire.
Già da bambino il mio caratterino si era manifestato pieno di iniziativa: mi
piaceva rubare i dolcetti a mia sorella che aveva tre anni più di me. Mi
rallegravo quando la vedevo piangere, l'accusavo quando in casa
succedeva qualche guaio ed io ne uscivo sempre innocente. Sapevo raccontare
così bene certe bugie che i miei genitori avevano perfino il rimorso di avermi
inizialmente aggredito.
E col passare degli
anni passavo di successo in successo. Gli amici mi ammiravano, il mio soprannome
era “manolesta”.
Nelle mie tasche
c'era sempre qualche moneta guadagnata chissà come, ma utile per passare intere
giornate in allegria.
Una volta però,
dopo tanti episodi che agli occhi della gente apparivano poco chiari, mi sorpresero con le mani nel sacco. Ed era
proprio un sacco quello che avevo preso di mira senza tener conto che apparteneva ad un personaggio di alto rango
protetto dalle guardie e non ci fu scampo.
La prigione,
nonostante le sofferenze fisiche, perfezionò il mio carattere; vedevo persone
piangere disperatamente e io le canzonavo, vedevo altre implorare pietà ed io
non mi sarei mai abbassato a tanto, alcune si mettevano in disparte a pregare
ed io non sapevo cosa volesse dire pregare.
Poi mi hanno
rilasciato con tante raccomandazioni; mi sentivo stanco e annoiato, così dopo
un periodo di meditazione, avevo preso una decisione; faccio il colpo della
vita e poi fuggo lontano lontano a vivere felicemente! Detto, fatto.
Una rapina in piena
regola e durante la fuga già pregustavo la vita felice, quando mi si presenta
davanti un soldato
Ecco l’eroe della
giornata, non sa che mi chiamano “manolesta”, non solo per rubare ma anche per
l'uso maneggevole del coltello sempre affilatissimo e zac! due colpi perfetti e
quel ragazzo non respirava più.
Poi la fine della
mia corsa tra le tra la morsa di cento soldati.
Ed eccomi qua, ho
raggiunto la cima: c'è una bella veduta da quassù….vedo tanta gente salire verso di me …. verranno tutti a guardarmi ….
sono famoso io!!!
Ci sono anche
personaggi importanti, anche loro salgono davanti a tutti, vogliono esibire la
loro potenza, vogliono far risplendere le loro vesti, far capire al popolo la
loro supremazia. Eccoli là, poveri
illusi, moriranno anche loro con la loro ambizione.
Ma … aspettate … in mezzo c'è un uomo che si trascina a
fatica, ora lo vedo ….come l'anno ridotto!!
Sono stati loro, i
potenti. Chissà cosa avrà combinato questo tizio. Eccolo, mi è vicino; puzza
terribilmente, tra il sangue e la polvere non distinguo neppure il suo viso. E
me lo mettono vicino pure, alla mia destra. Ma che schifo, mi fa ribrezzo.
Ehi cosa hai fatto?
ma ce l'hanno tutti con te, devi averla combinata grossa per avere tutte queste
attenzioni!! Come ti chiami? rassegnati quando sarai morto nessuno più parlerà
di te, sarei subito dimenticato, mentre di me tutti si ricorderanno di “mano
lesta”. Ah ah poveretto, ma cos'hai mai
fatto? insomma vuoi dirmi
qualcosa… almeno dimmi come ti chiami!!
Il mio nome è Gesù.
Concludiamo tutti
insieme davanti all'altare cantando il Magnificat
Magnificat anima mea Dominum
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